Immagini: dettagli delle carte rappresentanti la fissazione dei termini territoriali tra lo Stato di Milano e la prefettura di Mendrisio di dominio elvetico. Furono allestite negli anni
successivi al Trattato di Varese del 2 agosto 1752 in parallelo alla materializzazione sul terreno dei cippi di confine. Il tracciato della linea di frontiera è, tranne poche eccezioni, ancora attuale.
(Fonte: Archivio di Stato, Bellinzona. Fondo Confini, scatola 16)
Secondo Augustin Berque «l’esistenza umana è geografica». Gli esseri umani non si muovono però semplicemente nello spazio, ma agiscono all’interno di un insieme di relazioni sociali, fisiche ed ecologiche: l’ecumene. In altre parole, questo concetto rimanda alla porzione della Terra che influenziamo e in cui ci identifichiamo. Come suggerisce l’etimologia, è la casa in cui tutti viviamo.
Viviamo in un’epoca in cui le mappe sono onnipresenti. Dai siti internet agli schermi degli smartphone, quasi ovunque possiamo identificare la nostra posizione geografica ed esplorare virtualmente il territorio per pianificare un viaggio, raggiungere il luogo di un appuntamento, calcolare una distanza.
Nel corso della storia i limiti dell’ecumene si sono progressivamente estesi. Nell’Età degli imperi i progressi scientifici e tecnici hanno trasformato la cartografia in un potente strumento politico e di affermazione delle identità nazionali. In epoca più recente l’avvento della fotogrammetria, lo sviluppo di nuovi metodi di calcolo e la rivoluzione digitale hanno fornito ulteriori stimoli alla rappresentazione cartografica, consentendo di tracciare limiti e itinerari sempre più precisi e accurati nello spazio geografico, offrendo nuove modalità di fruizione ma anche mezzi di controllo e vigilanza più efficaci. I settori più diversi, dall’economia al web, hanno conosciuto una “svolta geografica”. Il mondo è oggi disponibile e la produzione dello spazio diventa un fenomeno di massa.
Grazie alla cartografia e ai mezzi di trasporto e di comunicazione possiamo considerare la Terra come la nostra casa e sentirci cittadini del mondo, con i vantaggi e gli svantaggi di questa nuova condizione. All’inizio del 2020 attraverso mappe costantemente aggiornate abbiamo assistito con apprensione all’evoluzione del contagio di COVID-19. Di fronte a questa nuova sfida imposta dalla globalizzazione gli Stati – sempre più fortezze – devono chiudere le porte e condurre una battaglia quotidiana contro un nemico invisibile. I confini, compresi quelli interni, tornano ad essere presidiati e l’ecumene torna a contrarsi. In questo contesto nuovo e drammatico la geografia delle migrazioni non fa più notizia e le tragedie che si consumano altrove appaiono distanti. Rimane la geografia delle differenze.
Sono, del resto, i limiti della condizione umana: una realtà che sfugge a ogni possibile rappresentazione.
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