Dentro al Museo // Suzanne Peyer-Prévost, lo spirito del monte

Esposizione temporanea a Casa Cantoni

 

Esposizione temporanea (2013)
Suzanne Peyer-Prévost - Lo spirito del monte

Se la raffigurazione della natura e delle sue varie componenti costituisce uno dei principali interessi di Suzanne Peyer-Prévost, la montagna ha assunto una posizione privilegiata all’interno della sua ricerca. Nel contesto di questa tematica il Monte Generoso gioca un ruolo di primaria importanza, in effetti si caratterizza come una presenza quotidiana, che fa da sfondo agli spazi e ai luoghi dove l’artista vive, ossia il paese di Vernate, nel Malcantone, in particolar modo la collina che degrada verso il Golfo di Agno. Attraverso le vetrate della sua casa, rivolte verso oriente, la sagoma del Generoso - visto nel suo versante occidentale - si innalza imponente su di un piano retrocesso, al di sopra dell’Arbostora e del San Salvatore, accanto alla più bassa Sighignola e al più discosto San Giorgio. Si potrebbe dire che è la montagna per eccellenza del proprio panorama quotidiano, paragonabile per certi versi a ciò che rappresentava la Sainte-Victoire per il grande Paul Cézanne. Una montagna che si presenta nel suo aspetto monumentale, attraverso la ripida parete rocciosa, i canaloni e i valloncelli, il profilo irrequieto e movimentato; una montagna che cambia continuamente, nelle stagioni, nelle ore della giornata, nelle condizioni atmosferiche e climatiche.

Nei suoi lavori Suzanne Peyer-Prévost ci restituisce innanzitutto tale caratteristica del Monte Generoso, ovvero l’essere estremamente ricco nei continui mutamenti.

A volte appare chiazzato di verdi, dove la morbidezza della chioma degli alberi contrasta con la rudezza della morfologia, dove gli impasti grumosi scavano tra avvallamenti e dirupi facendo emergere prati scoscesi, dove lo scheletro della montagna si intravvede sotto il tessuto vegetativo che la ricopre, nelle calde luci solari di una giornata di tarda estate. Altre volte è fortezza geologica al di sopra delle nebbie autunnali, che la avvolgono e che la estraniano, trasformandola in una specie di montagna sacra illuminata - ben resa dalla pastosità dei pigmenti -, in contrasto con le tenebre e l’offuscamento di ciò che sta sotto, espresso attraverso il liquefarsi e lo sgocciolamento del colore direttamente sulla preparazione della tela.

Mutazioni paesaggistiche indagate anche attraverso la sperimentazione di varie tecniche: dall’olio all’acquerello, dal pastello alle incisioni; in queste ultime l’artista sembra voler sintetizzare le forme della montagna attraverso delle linee geometriche ben definite e una texture materica che richiama la componente geologica.

Benché si riconosca subito la sagoma del Generoso visto nel suo versante occidentale, è pur vero che la dimensione topografica qua e là viene meno; il Calvagione si trasforma così in una montagna qualsiasi - oltretutto privata degli interventi antropici (nessuna traccia dell’albergo sulla vetta, dell’osservatorio astronomico e della stazione radio-meteorologica) -, dalla dimensione universale. L’assenza dell’uomo tuttavia è solo apparente; in effetti, se si osserva bene, la montagna nasconde degli esseri viventi, che si intravvedono appena, sovente non al primo colpo d’occhio. Visi, mani, fragili sagome filiformi emergono dalla fitta vegetazione, fra gli anfratti; esseri a volte minuti e quasi invisibili che popolano la montagna e le sue cavità, forze positive che la rigenerano e la rendono viva e animata: si tratta dello spirito del monte, come indicato dal titolo della mostra.

Accanto ai lavori sul Monte Generoso sono esposti tre disegni a matita che riguardano più in generale il rapporto tra l’essere umano e la montagna, con un’estensione alla natura intera. Una muscolosa e forte figura virile nella sua nudità primigenia si aggrappa alle pareti rocciose, in una situazione quasi al limite delle possibilità umane, oppure siede sul bordo di un precipizio. Instancabile lotta dell’uomo contro le forze naturali della montagna o instabile vittoria di esso? La fatica dell’uomo-Sisifo o il brivido del sublime? Un essere umano che di sicuro ha impresso le proprie tracce nelle sedimentazioni geologiche; segni del suo passaggio, e forse del suo trionfo, lungo i sentieri che si inerpicano sulle vette.

 

Ivano Proserpi, MEVM