La Breggia

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Valle di Muggio allo specchio
Paesaggio incantevole, paesaggio mutevole

a cura di Paolo e Silvia Crivelli
MEVM, Ticino Nostro, 2017

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Valle di Muggio, valle della Breggia

 

All’interno del vasto insieme naturale disegnato dai tre Laghi Lario, Ceresio e Verbano, la Valle di Muggio occupa una posizione centrale. Una valle prealpina profondamente incisa dal torrente Breggia, il cui bacino è racchiuso tra i due rami che volgono a mezzogiorno dei laghi di Lugano e di Como. La valle dapprima orientata Nord-Sud, piega decisamente ad angolo retto verso Est e il corso d’acqua sfocia nel Lario a Cernobbio. Il tratto di pianura pedemontano ha subito negli ultimi decenni una forte urbanizzazione e si inserisce nel contesto della rete urbana dei laghi1 dominata dai principali centri di Milano, Como, Varese e Lugano. Questo spazio densamente occupato è in netto contrasto con quello di una valle prealpina in cui le attività economiche tradizionali sono considerevolmente diminuite. In questo libro considereremo la Valle di Muggio in senso lato come spazio geografico compreso nel bacino idrografico della Breggia. Ci riferiremo quindi oltre ai comuni di Breggia e di Castel San Pietro, anche ai comuni di Morbio Inferiore, Vacallo e Chiasso. Lo spazio naturale della Breggia è tuttavia tagliato artificialmente dal confine di Stato ciò che fa della Valle di Muggio una regione di frontiera con forti implicazioni sociali, economiche e culturali.

 

Paesaggi a pelo d’acqua

 

Se le variazioni di portata rivelano il carattere del torrente, il paesaggio fluviale, in un certo senso, ne esprime la personalità. Per scoprirla abbiamo esplorato il fondovalle seguendo il più possibile, a pelo d’acqua, il corso della Breggia e alcune sue vallette laterali approfittando dei periodi di magra con rocce asciutte. Non possiamo nascondere le forti emozioni provate lungo questi percorsi che rivelano fenomeni e paesaggi inaspettati e affascinanti. Si è sorpresi dai cambiamenti repentini del letto del torrente e dall’alternanza di tratti pianeggianti, cascate, strettoie, fondovalle ampi, tratti rettilinei, improvvise curve a gomito, canali a scorrimento rapido, pozze, rocce levigate, strati rocciosi verticali. Una descrizione sistematica della Breggia sarebbe eccessiva, ci limitiamo ad evidenziare alcune situazioni in cui si manifestano i principali fenomeni erosivi del torrente con l’intento di mostrare la grande variabilità della Breggia che rivela una personalità molto ricca, profonda e variegata.

Forme erosive

Nelle parte alta di un corso d’acqua la sua energia si manifesta con una forte attività erosiva. Domina l’erosione lineare in profondità in cui la forza dell’acqua scalza, solleva, fa rimbalzare i frammenti di roccia sciolti e con essi esercita un’azione abrasiva della superficie su cui avviene lo scorrimento provocando, in definitiva, l’abbassamento del letto del torrente. In diversi tratti della Breggia incontriamo cascate e rapide. I due fenomeni sono collegati tra loro. Nel tratto più inclinato del letto del fiume, denominato anche canale, dove il flusso rapido e turbolento erode con forza, si originano le rapide. Le cascate si formano in corrispondenza dei cosiddetti punti di rottura dove cioè sono presenti degli strati di roccia particolarmente resistenti. A lungo andare l’azione erosiva esercitata dal fiume inciderà il margine del gradino da cui l’acqua della cascata precipita e il punto di rottura retrocederà. Il risultato finale di questo processo che richiede migliaia d’anni, sarà un profilo longitudinale del torrente meno scosceso e più dolce. Per osservare questi fenomeni è opportuno aspettare i momenti si siccità e di magra che consentono di risalire il letto del torrente. Così nella selvaggia Valle Squadrina la forza erosiva è dimostrata da un canale eroso obliquamente nei sottili strati di calcare. Appariscenti fenomeni erosivi sono pure presenti a valle di Erbonne, o lungo la Valle dei Cerich all’altezza di Muggio con una serie di cascatelle. Poco più a valle del ponte tra Cabbio e Casima, la Breggia supera un gradino roccioso resistente in prossimità di una faglia. Ma sicuramente il fenomeno erosivo in profondità più sorprendente si trova in Val della Crotta dove l’esistenza di un vero e proprio canyon dimostra l’insospettata forza erosiva del corso d’acqua. La fenditura è profonda una ventina di metri, si sviluppa per un tratto di un centinaio di metri e a valle termina bruscamente in relazione a un piano di faglia verticale. All’inizio del canyon possiamo osservare da vicino la modalità erosiva. L’acqua precipita e la sua turbolenza origina delle vere e proprie marmitte modellate dal movimento rotatorio dell’acqua. Il materiale in sospensione e i sassi che si trovano sul fondo vengono trascinati dal vortice ed esercitano un’attività abrasiva che allarga i bordi della marmitta ma contemporaneamente ne abbassa anche il fondo. Il risultato è un abbassamento ed allargamento del letto del torrente. È anche interessante osservare che dalla parete sinistra del canyon fuoriesce uno stillicidio di acqua. Gli strati di calcare sono in effetti leggermente inclinati e l’acqua che a monte del canyon si è infiltrata nelle fessure trova qui il suo sfogo. All’uscita del canyon si apre un profondo e magnifico laghetto.

Antichi meandri

In un corso d’acqua l’erosione lineare verticale domina quando il versante è molto ripido e l’allargamento del fondovalle risulta essere modesto. Nei tratti meno scoscesi il torrente scorre più tranquillo, le forme di erosione si alternano a quelle di accumunlazione, crea dei meandri. Nel caso dei meandri, la diversa forza della corrente determina accumulo di materiale nella parte interna dell’ansa, mentre in quella esterna l’alveo viene eroso e scalzato. Nel processo evolutivo dei meandri, con il passare del tempo, capita che le due anse ad un certo momento si toccano e un braccio del meandro viene di conseguenza abbandonato (saltato). Lungo la Breggia troviamo almeno quattro esempi di questo fenomeno e l’osservazione attenta effettuata da Renfer nel suo studio sulla morfologia della Valle di Muggio ha messo in luce le tracce di antichi meandri abbandonati.8 Il primo si trova nel punto in cui è stato costruito il ponte tra Bruzella e Casima, il secondo sotto il cimitero di Bruzella, il terzo in prossimità del ponte tra Caneggio e Campora e un altro ancora nel tratto delle gole sotto Castel San Pietro. In tutti e quattro i casi la Breggia ha saltato il meandro adottando così un percorso rettilineo ma estremamente incassato. L’abbandono di un meandro, forse colmato durante il periodo glaciale, ha costretto la Breggia a tracciarsi un nuovo percorso erodendo linearmente in profondità. In questi punti troviamo effettivamente le gole più incassate della Breggia; l’uomo ha approfittato di queste situazioni che, grazie alla costruzione di arditi ponti, facilitano l’attraversamento; unica eccezione è il caso del meandro di Scarp sotto Bruzella. Qui in un breve tratto rettilineo la Breggia ha creato una parete strapiombante alta una cinquantina di metri e ha messo a nudo una deformazione degli strati rocciosi significativa e rappresentativa del complicato sistema di faglie, sovrascorrimenti e pieghe che interessano tutto il substrato geologico. Tra Caneggio e Campora la gola è profonda una trentina di metri e l’intaglio verticale presenta un’inclinazione che rende strapiombante la parete verso Caneggio. All’altezza di Castel San Pietro iniziano le gole inserite nel Parco delle Gole della Breggia. Qui il torrente ha messo a nudo la ricchezza geologica di questo tratto in cui affiorano strati di calcare di diversa origine ed età. La guida geologica e i pannelli informativi collocati lungo il sentiero forniscono ampie e dettagliate spiegazioni. Strati quasi verticali, pieghe, cascate, laghetti caratterizzano questo ultimo tratto prima di diventare un corso di pianura marcato da forme di accumulazione fluviale.

Trasporto e deposito in acque tranquille

Il corso della Breggia presenta un’alternanza di tratti pianeggianti seguiti da rapide e cascate che si gettano in profonde pozze. In altri casi si susseguono in modo ravvicinato cascatelle su roccia fortemente levigata e piccole conche. La valle può anche improvvisamente allargarsi dando origine ad un paesaggio totalmente diverso. Percorrendo il corso d’acqua è possibile osservare le modalità di erosione, di trasporto e di deposito del materiale. Dalle pareti si staccano i blocchi che franano sul greto sottostante, ma non va dimenticato che il letto del fiume tende ad abbassarsi anche a seguito del distacco dei blocchi che formano il fondovalle e che sono delimitati dalle fessure dei piani di stratificazione della roccia. Nei momenti di magra è veramente istruttivo osservare questo fenomeno. Se la portata del torrente aumenta, aumenta anche la capacità di trasporto raggiungendo il suo massimo nei momenti di piena quando il fiume riesce a smuovere anche massi di grosse dimensioni. Se la forza dell’acqua diminuisce, il materiale viene depositato e ciò fino alla piena seguente. I grossi blocchi accumulati temporaneamente dal torrente ci ricordano questi eventi. In alcuni casi un masso può essere veramente imponente e può trovarsi fuori dalla portata del fiume. In questo caso il blocco rimane depositato. Durante il trasporto i frammenti di roccia sciolti levigano la roccia affiorante che costituisce il fondovalle ma, cozzando gli uni contro gli altri si levigano anche reciprocamente. Essi assumono perciò una forma arrotondata dando vita ai ciottoli ma anche a ghiaia e sabbia. La forza dell’acqua non trasporta solo pietre ma anche legname. Infatti lungo il corso della Breggia è spesso possibile trovare grossi tronchi di piante divelte e ammassi aggrovigliati di rami. Se la presenza di tronchi molto levigati incuriosisce, il loro eccessivo accumulo può destare preoccupazioni. Infatti con l’abbandono della cura dei boschi questo fenomeno sembra in crescita e il rischio di uno sbarramento temporaneo dovuto dall’accumulo di legname, potrebbe provocare o incrementare il rischio di inondazioni a valle.

Tratto da: Paolo Crivelli, “La Breggia nascosta”, in Valle di Muggio allo specchio. Paesaggio incantevole, paesaggio mutevole, a cura di Paolo e Silvia Crivelli, MEVM ; Fondazione Ticino Nostro, 2017, pp. 42-71.